Mostra Personale a cura di Francesca Porreca
Castello di Sant’Angelo Lodigiano - Sala Contessa Lydia
1 – 30 novembre 2010
GattoNero – al secolo Alessandro Gatti – traduce la propria carica espressiva in dipinti di forte impatto cromatico e segnico che vivono della forza dei contrasti e mostrano l’esistenza di due anime, nell’uomo come nell’artista. Da un lato c’è il desiderio di portare avanti la tradizione dei grandi maestri dell’arte italiana, sostenuto da una tecnica stratificata e precisa sviluppata negli anni dell’Accademia e poi nel lavoro di scenografo per il teatro e la lirica, dall’altro lato c’è il legame con il writing urbano, esperienza creativa fatta di immediatezza e voglia di rivalsa contro il grigiore della periferia, che segna la storia di GattoNero e ne fa un esponente di rilievo della old school milanese. Da queste due componenti emerge un’originale ricerca pittorica che dimostra che ci troviamo di fronte ad un artista a tutto tondo, abilissimo nel bilanciare forme e colori, nel dosare pieni e vuoti, nel trovare equilibrio tra figura e segno astratto. L’ibridazione dei linguaggi è elemento fondamentale per la sua pittura: nella scelta espressiva, nella sperimentazione sui materiali, nell’oscillazione tra strada e accademia, tra astratto e concreto… Tre sono i filoni che si possono distinguere nella produzione dell’artista e che definiscono la linea di ricerca di GattoNero nella sua complessità: i paesaggi oscillanti tra natura e astrazione, le opere che virano verso l’informale in modo più deciso e la serie dedicata alle bandiere. Alcuni elementi trasversali rendono invece riconoscibile lo stile dell’artista oltre ogni tematizzazione, grazie alle sciabolate di colore denso che attraversano e definiscono lo spazio e all’equilibrio compositivo alla base della scelta cromatica e delle linee di forza, che danno ritmo ed energia al dipinto. Punto di partenza fondamentale per tutte le opere – anche quelle in apparenza più astratte – rimane comunque il dato figurativo, considerato fondamentale per radicare la propria arte nel presente. I quadri in cui si registra un legame più diretto con il paesaggio – naturale o urbano – letto in chiave espressionista sono percorsi da grande energia. L’immagine è definita secondo una prospettiva accelerata e linee ascendenti, che si fanno talvolta più materiche e guizzanti, altre volte più evanescenti, ricordando la materia sfatta dei paesaggi di Turner. La città è interpretata con pennellate veloci e sintetiche, come inghiottita da una natura in espansione inarrestabile. La materia (pittorica e fisica) prende quindi il sopravvento, l’uomo non è mai rappresentato (troppo piccolo di fronte a tutto questo), mentre il cielo quasi scompare, come se quella rappresentata fosse la prospettiva di un bambino inghiottito nel ventre di una città in cui l’orizzonte si percepisce appena, celato da una selva di grattacieli. Anche quando emerge, la porzione di tela dedicata al cielo è sempre trasfigurata in senso espressionista; ogni dettaglio appare disgregato e riplasmato dalla forza dirompente della natura e dai cambiamenti imposti ad essa dal progresso, dalla ricerca scientifica e tecnologica. Questa natura fatta di colori e forme danzanti riempie fino quasi a saturare la visione d’insieme, evocando emozioni e forze contrastanti. Talvolta la forza della materia si fa addirittura tangibile attraverso le stratificazioni del colore distribuito con sapienza, fino ad ottenere colature e crettature (inevitabile il riferimento a Burri) che danno corpo al contrasto tra materia e antimateria. Questo approccio che traduce la realtà contemporane in paesaggi trasfigurati nel segno astratto, con una particolare attenzione per lo sviluppo degli studi sulla materia, fa pensare alla Pittura Nucleare di Enrico Baj e Sergio Dangelo (che nel 1951 pubblicano il Manifesto tecnico della Pittura Nucleare), in sintonia col gruppo CoBrA di Asger Jorn, Karel Appel e Pierre Alechinsky. I pittori nucleari sentivano la necessità di convogliare nell’arte tutte le forze della modernità, sottolineando la dirompenza dell’energia racchiusa nella materia (grande impressione avevano suscitato le esplosioni nucleari ad Hiroshima e Nagasaki). La potenza visionaria e creativa dell’arte nucleare, nella quale convergono elementi propri dell’automatismo surrealista e dell’espressionismo gestuale, si esprime in una pittura materica, densa e stratificata, che esalta la figurazione sintetizzata nella sua dirompente energia. GattoNero sembra inserirsi proprio in questa linea di ricerca, dimostrando una convergenza particolare anche con le opere di Cesare Peverelli, in bilico tra nuclearismo e spazialismo (si pensi in particolare alla Città che sale del 1953, reinterpretazione del quadro di Boccioni, in cui gli elementi architettonici sono tratteggiati con pennellate sintetiche e nervose, simili a sciabolate dense di materia, e il cielo violaceo conferisce un senso di profonda inquietudine).
Francesca Porreca
I dipinti più decisamente informali di GattoNero sono concepiti come una focalizzazione su elementi liminali della realtà, osservati da un punto di vista ravvicinato ed emozionale, teso a coglierne ogni vibrazione e a restituirla attraverso un colore guizzante ed evocativo, che tocca direttamente le corde dell’immaginazione perché segue la sottile linea di confine tra coscienza e subconscio, tra ispirazione e rappresentazione, tra forme che rispondono ad un ritmo emotivo e suggestioni derivate da ciò che ci circonda. Queste opere sono caratterizzate da una gestualità ampia che si esprime secondo linee curve e ritmate (memori dell’esempio di Kandinskij ma anche di Kupka) sulle quali si basa tutto l’equilibrio compositivo. Nella materia densa del quadro, ricca di stratificazioni, si concretizza l’idea di un paesaggio “graffiato”, sottoposto ad astrazione per infrangere il processo rappresentativo e toccare direttamente la sensibilità di chi guarda. Troviamo qui lo stesso approccio adottato dagli esponenti della Scuola di New York – in particolare Willem de Kooning – negli anni Cinquanta e Sessanta, di lasciare nella composizione un accenno a un soggetto figurativo o un’allusione al paesaggio, che si concretizza il più delle volte attraverso la forza dirompente della natura o il ritmo vorticoso della realtà urbana veicolato nella pennellata gestuale. L’idea di fondo per de Kooning è che “La pittura non è meramente il visivo che la retina registra. È quel che vi sta dietro e dentro. […] Dipingere in questa maniera permette di continuare ad aggiungere sempre più cose: dramma, rabbia, dolore, amore, una figura, un cavallo, il mio concetto di spazio. Attraverso gli occhi di chi osserva diventa poi un’emozione oppure un’idea: non importa se differiscono dalle mie, basta che arrivino dall’opera, che possiede una propria integrità e intensità.” Anche per Gatto Nero la pittura è uno strumento per catalizzare le emozioni e plasmarle insieme alla realtà, così da raggiungere il giusto equilibrio tra una ‘fredda’ astrazione e una dimensione meramente rappresentativa. Sul colore iniziale l’artista agisce con un gioco di strati sovrapposti per arrivare a bilanciare gli spazi cromatici e i rapporti di forza tra gocciolature, pennellate ampie, macchie di colore che si rincorrono in una danza ritmata e sensuale. Gli accumuli di materia, in alcuni casi molto pronunciati, conferiscono al quadro una dimensione tattile, la voglia di conquistare lo spazio oltre la dimensione del quadro. Questa intensità materica appare ancora più pronunciata nella serie delle bandiere, attraverso le quali l’artista porta avanti una riflessione sul valore dei simboli e sulle divisioni identitarie e ideologiche in contrasto con la globalizzazione in atto. Questa intensità materica appare ancora più pronunciata nella serie delle bandiere, attraverso le quali l’artista porta avanti una riflessione sul valore dei simboli e sulle divisioni identitarie e ideologiche in contrasto con la globalizzazione in atto. Il pensiero corre subito a Flag di Jasper Johns (1958), che con le sue bandiere americane realizzate ad encausto attribuisce dignità a soggetti ricorrenti nella nostra esistenza quotidiana e concentra l’attenzione sul rapporto tra l’immagine reale e quella artistica, rendendo evanescente la differenza tra quadro, scultura e oggetto. Anche nelle bandiere di Gatto Nero si coglie la volontà di sfumare la distanza tra arte e vita reale e di ridimensionare concettualismi e ideologie spesso vuote di contenuti, mentre si impone l’attenzione per una tecnica sapiente che mescola differenti generi artistici. L’immagine di fondo, caratterizzata da colori ed elementi simbolici immediatam ente riconoscibili, occupa inizialmente l’intera superficie del quadro attestandosi in tutta la sua consistenza materica. Ma i presupposti e le ideologie che si credevano immutabili cambiano, ed ecco che simboli e impasti cromatici sembrano sgretolarsi, l’erosione della forma ottenuta con la sovrapposizione di larghe pennellate bianche traduce la fine della concezione nazionalistica di fronte a un mondo globalizzato che offre l’illusione di un futuro in cui non ci saranno più bandiere a dividere, né ad unire.
Catalogo: GattoNero – Graffi
Curatore: Francesca Porreca
Editore: Stradedarts
Prezzo: Euro 15,00