MARIO PASCHETTA mostra personale
a cura di Francesca Porreca
Palazzo del Broletto Piazza della Vittoria, Pavia
22 marzo – 7 aprile 2013
con il patrocinio della Provincia di Pavia – Comune di Pavia
con il sostegno di Fondazione Credito Bergamasco – Citizen
I dipinti che Mario Paschetta ha selezionato per questa mostra delineano territori privi di confini (geografici e immaginari), immersi in una dimensione temporale sospesa, in cui tutto può accadere. La suggestione emotiva veicolata dal colore e la concretezza della materia che addensa le superfici, così ricche di riferimenti all’uomo eppure segnate dalla sua assenza, fanno da filo conduttore all’interno di un orizzonte di ricerca che coniuga astrazione e figurazione, con rimandi tanto al naturalismo lombardo che guarda a Morlotti, quanto all’informale europeo, specie alle sperimentazioni materiche di Alberto Burri e Antoni Tàpies. Scopriamo infatti, nei grandi paesaggi naturali solcati da accensioni luminose e scanditi da evoluzioni geologiche della materia, l’utilizzo di elementi residuali della vita dell’uomo – tessuti, juta, tela di jeans, capi di abbigliamento – recuperati nella loro suggestiva fisicità tattile e lineare e trattati con impasti di gesso, colla, polvere di marmo e terre naturali, che conferiscono una straordinaria tensione formale ai rilievi che solcano la tela. La materia proveniente dal quotidiano diventa così supporto per il colore e al tempo stesso elemento pittorico; trame, cuciture, porosità movimentano le superfici e le strutturano dal punto di vista spaziale, determinando il valore espressivo ed estetico dell’opera. La natura di Paschetta si rivela così profondamente umana, anche se l’uomo non compare mai direttamente, talvolta trasfigurato nell’albero che si staglia solitario tra cielo e terra. La linea dell’orizzonte si mantiene sempre alta, per esprimere piani ravvicinati che colgono tutte le sfaccettature di una terra inquieta, in continuo divenire, colta dall’artista attraverso un’originale prospettiva “stratigrafica”, che sembra nascere dall’interno della sostanza magmatica. Il riferimento al dato paesaggistico risulta a volte più manifesto – come accade nella serie di opere che l’artista ha dedicato, per l’occasione, a Pavia e al suo territorio - ma la realtà appare sottotraccia, spettatrice trepidante e compiaciuta di una ricerca artistica non banale, sempre in tensione verso qualcosa di universale. La stessa tensione si avverte nelle “carte di viaggio”, una sorta di diario di esperienza su cui Paschetta appunta visioni fugaci, mescolando stoffe e addensando colori. I quattro elementi – aria, acqua, terra, fuoco – cui tutte le opere sembrano ricondurre trovano naturale corrispondenza nelle scelte cromatiche, nei verdi e negli azzurri delicati dei paesaggi acquatici, così come nei bagliori rossi e nelle terre argillose in cui le sedimentazioni si fanno più spesse, pronte ad esplodere nell’incontro con le spezzature dei bianchi, nei contrasti grandiosi tra luce e ombra. La speciale attitudine dell’artista per la celebrazione della luce e l’esaltazione del colore si riflette anche nel ciclo di opere d’arte sacra ispirato al primo libro della Genesi, che restituisce in maniera mirabile l’atteggiamento di stupore di fronte alle origini del mondo e al momento della creazione. L’attenzione per la luce e per il segno che percorre la materia trova però il suo vertice espressivo nei monocromi, dove i riferimenti alla natura concreta si fanno ancora più rarefatti ed emerge maggiormente la ricerca esistenziale e concettuale dell’artista. Black land, White land, Landscape in monocromo blu sono solcati da crettature così profonde da annullare il confine tra cielo e terra, tra astratto e concreto. Il lavoro condotto esclusivamente sulla materia e sul colore guida l’alternanza di luci e ombre e il gioco tra pieni e vuoti, portando il discorso ad un livello più alto di espressività: profondità spaziale e intensità poetica scaturiscono direttamente dalle fenditure della superficie pittorica, scossa da un terremoto che arriva dal profondo.